Intervistiamo oggi Daniela Barisone, giovane fumettista italiana che presenterà al prossimo Cartoomics la sua ultima opera, “Dove osano le arpie”, side project di “Agents of Freaks”.
Iniziamo con le Domande di Tatiana:
Come nasce la tua passione per il disegno e per la graphic art?
Da che ho memoria ho sempre disegnato. Il mio primo ricordo in merito è delle elementari, in cui durante una verifica invece di rispondere alle domande ho disegnato sul foglio il mio compagno di banco in maniera realistica. A prescindere da quel che ne è seguito dopo, sono cresciuta tenendolo come “hobby” e tale è rimasto per anni. Difatti mi si diceva sempre che ero un adulto e gli adulti non fanno cose stupide come disegnare… a 26 anni mi sono iscritta alla Scuola Internazionale di Comics e ora eccomi qua.
Al momento qual è il lavoro che ti ha dato più soddisfazione o che ti è piaciuto di più realizzare?
Dipende: come lavoro personale direi che al momento è “Dove osano le arpie”, un fumetto breve di 24 pagine che presenterò a Cartoomics 2019. Si tratta di un side project del mio webcomic “Agents of FREAKS”.
Come lavoro non personale posso parlare come colorista, difatti il mio lavoro migliore (nella quale nessuno è mai in grado di creditarmi correttamente LOL) è il primo numero de “Il Regno di Fanes” edito da Manfont (attualmente sto colorando il secondo volume).
Deviants e Bound – parlaci un po’ di questi due progetti
DEVIANTS: beh, è nato per caso, in realtà. Mi sono ispirata al videogioco di Detroit Become Human, che volevo tantissimo ma non potevo avere per il piccolo problema del non possedere una ps4 (potevo usare quella del mio moroso, ma quando potevo fare quello non potevo comprarmi il gioco… una roba che non vi dico). Quindi ho iniziato ad appassionarmi totalmente random grazie ai miei amici Valeria e Oliver, che mi passavano fanart di due personaggi (i quali letteralmente uno appariva per 5 minuti nel gioco, l’altro per 10 secondi e non si incrociavano MAI, ma questo mi ha mai fermata? No) e ho iniziato a disegnare cose su loro due (e a leggerne storie).
Poi a Natale il mio amico Ewan ha avuto pietà di me e mi ha regalato il gioco… da lì il punto di trabocco è stato raggiunto e ho iniziato a sfornare fanart senza pietà alcuna. A un certo punto mi sono ritrovata con in mano circa 24 fanart (a cui se ne sono successivamente aggiunte altre) ed essendo recentemente entrata a far parte nel mondo delle fanzine (mi hanno invitata in diversa roba) mi sono detta “perché no?”.
Non avevo ovviamente alcun tipo di pretesa per un prodotto del genere (che contiene 30 mie fanart vm18 e non più 4 fanart dei miei amici di cui sopra e di due membri del mio collettivo) e invece è stato un vero successo, almeno per i miei standard.
BOUND: nasce come secondo artbook del collettivo Uniporni, una branca del collettivo LAMIA. Il nostro scopo è quello di produrre artbook NSFW (erotici o pornografici) di natura queer/LGBT (e non M/M nello specifico, a quello ci pensa fin troppa altra gente) in modo da realizzare qualcosa in cui TUTTI possano sentirsi rappresentati. Dopo Eros in Mythos, il nostro primo volume sulle fiabe e leggende europee, passare al BDSM di Bound è stato abbastanza semplice: abbiamo tirato a scelta durante lo scorso Cartoomics.
Almeno abbiamo già deciso il tema del prossimo.
Autoproduzione – Come sei arrivata a collaborare con il Collettivo Lamia?
Ho creato il Collettivo LAMIA insieme a Lucrezia Galliero (Lady Northstar) e Beatrice Sammaritani (Ap0start) quando andavamo ancora tutte insieme alla Scuola Internazionale di Comics. Il nostro scopo è sempre stato quello di produrre fumetti e artbook “al femminile” e di realizzare materiale LGBT dal punto di vista di membri della comunità LGBT (loro, io sono un’ally). Nel nostro Collettivo, ora ampliato, i membri sono tutti queer o ally e ho sempre trovato molto importante questa cosa perché ci rappresenta come sia come persone che come autori.
Poi, ovviamente, è importante il sostegno vicendevole per creare le nostre opere personali (il mio artbook West o Onryo di Lucrezia non sono queer, ma è comunque nell’ambito del collettivo che sono stati realizzati).
Se ti dovessi identificare in un personaggio di un fumetto o in tuo personaggio in quale ti identificheresti?
Un personaggio di un fumetto… direi Cyclope degli X-Men: è letteralmente il ragioniere del team che si smazza tutta la parte tecnica e che nessuno ascolta mai perché è stressante XD
Un personaggio mio invece nessuno. Quando invento personaggi cerco di metterci meno “personale” possibile e disprezzo profondamente il self insertion da parte degli autori nelle proprie opere.
Domande di Silvia
Quest’anno sarai al Cartoomics. Sarà la tua prima esperienza? Credi che le fiere possano aiutare gli artisti emergenti?
Si tratta della mia terza esperienza a cartoomics come fumettista, ma in realtà è la numero… ho perso il conto. Ci andavo quando ero ancora solo una scrittrice e ora come autrice completa.
Credo che le fiere come Cartoomics e Lucca Comics siano ESSENZIALI per gli artisti emergenti. Vendersi online è difficile e richiede un certo tipo di conoscenze che non tutti abbiamo, ma è di persona in fiera che un autore si crea il proprio pubblico.
So che hai studiato disegno, fumetto, ecc. C’è un fumettista a cui ti ispiri?
Il primissimo che mi viene in mente è ovviamente Zel Carboni (che con me e Lucrezia ha fondato il collettivo Uniporni ed è anche membro del collettivo LAMIA), l’artista a cui ho guardato in tutti questi anni e lavorare con lui è qualcosa che il mio fragile cuore ancora fatica a concepire.
Di altri autori prendo ispirazione sicuramente da Chris Bachalo, Sean Phillips, Adam Hughes, Steve Dillon, Phil Noto e Giuseppe Palumbo.
Credi che in Italia sia abbastanza spazio ai giovani artisti?
Lo spazio te lo crei, c’è da dire che sì, ce n’è, quanto meno nelle autoproduzioni. Il salto a professionista però è già più difficile (io infatti lavoro come colorista).
Leggo spesso con piacere le tue recensioni su cinema e tv. C’è qualche opera che ti ha particolarmente colpito da prendere spunto?
Beh sì, principalmente però sono videogiochi. Nello specifico la saga di Fallout per me è stata una miniera d’oro quando ancora scrivevo e basta, infatti da Fallout New Vegas ho tirato fuori lo spunto per il racconto “La casa di mio padre” (che potete leggere nel mio artbook WEST) che a sua volta ha generato una serie di 13 romanzi scritti da Alain Voudì ed editi da Delos Book.
Perché il nome “Lady in Black”?
Mio padre usava dirmi che sembravo “la Morte” perché mi vesto esclusivamente di nero. Lady in Black poi è una canzone che amo molto degli Uriah Heep la cui protagonista è appunto la Morte e l’associazione mi faceva molto ridere, così ho chiamato la mia pagina così. Che poi è una cosa stupida, perché il mio nome d’arte è “queenseptienna” ovunque tranne che su facebook (e il mio shop gumroad).
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